La gravidanza e il parto nella storia
Le prime testimonianze di parto che abbiamo risalgono al periodo egizio: il parto avveniva in piedi ed era “affare di donne”, visto che alle gestanti si affiancavano sempre levatrici e ostetriche, mentre l’intervento del medico era riservato ai casi più complessi.
La posizione distesa nasce verso la fine del medio evo.
Incerta la data del primo taglio cesareo (1500 in Svizzera, o 1600 in Sassonia).
Nel 1600 viene inventato il forcipe.
Nel ventesimo secolo nascono le sale travaglio.
Al 1960 risalgono i primi parti in acqua.
Oggi si assiste ad un ritorno alle origini: sempre più donne scelgono di partorire in casa, aiutate da un’ostetrica qualificata, e di farlo in posizione verticale, visto che gli studi hanno dimostrato che in questo modo si aumenta la velocità del travaglio, favorendo l’ingresso del bambino nel canale del parto.
La gravidanza nell’arte
Sarà pure stata questione femminile per secoli, eppure la gravidanza, col suo mistero e il suo fascino quasi magico, ha da sempre sedotto gli uomini d’arte.
Citare tutti i dipinti e le sculture che riprendono questo momento straordinario della vita umana è pressoché impossibile, ma si può citarne uno.
Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434).
Affacciandoci al Novecento come non citare Klimt, che rappresenta la gravidanza nella Speranza I (dove si evince un sovvertimento dei valori positivi tradizionali, visto che il corpo morbido, accogliente, opulento, soffice che ci si aspetterebbe, cede il passo a un viso ossuto, zigomi sporgenti, occhi cerchiati, labbra serrate), e poi, quattro anni dopo, nella Speranza II (che comunica una visione della maternità assolutamente antitetica: meno disperata, meno inquietante, ma pur sempre pervasa dall’oscura presenza di un destino ineluttabile, visto che sono ancora presenti, come nella tela precedente, un teschio e le tre donne che presumibilmente raffigurano le Parche).
Ricordiamo questo momento. Affidati ad un fotografo per un servizio fotografico a testimoniare i bellissimi mesi della gravidanza.
La gravidanza nella letteratura
Ancora più immane sarebbe la fatica di rintracciare tutte le opere letterarie che, nel corso della storia, hanno trattato, diffusamente o solo a margine, della gravidanza.
Qui ricordo solo, perché l’ho letto e mi ha commosso, “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci (tragico monologo di una donna al figlio che porta in grembo), che pur affrontando il tema scottante dell’aborto, si spinge alla ricerca del senso della vita.
Ma basta collegarsi al sito di Amazon e scoprire quanto la gravidanza rappresenti un tema intorno a cui ancora assai si scrive: “Di materno avevo solo il latte” di Deborah Papisca; “Viola e nero” di Rosanna Fiorino; “LUNA CRESCENTE” di Alice Kindl; sono solo alcuni dei tanti tanti titoli disponibili…
La gravidanza nella fotografia
Era il 1991 quando Vanity Fair pubblicò un servizio fotografico sull’attrice Demy Moore che si fece fotografare incinta e completamente nuda da Nancy Collins: si gridò allo scandalo.
Eppure da allora copertine del genere non hanno fatto che moltiplicarsi.
Ma non è sempre stato così: avete mai visto fotografie nude col pancione delle vostre nonne o bisnonne? Non credo affatto, e questo perché in passato era considerato sconveniente condividere questo momento in pubblico. Il pancione si tentava di nasconderlo il più possibile, e se proprio non ci si riusciva, si evitava di farsi fotografare quando si era incinte.
Chiese invece di mostrarlo in tutta la sua prorompente esuberanza (anche perché nasconderlo al settimo mese era pressoché impossibile) la Collins proprio durante lo shooting dell’attrice del film Ghost.
Quella fu la rivoluzione, dalla quale la fotografia di gravidanza, così come la conosciamo noi: Monica Bellucci, Eva Herzigova, Claudia Schiffer, Cindy Crawford e tantissime altre decisero di emulare la loro collega e farsi fotografare durante la gravidanza.
E poi l’onda fu cavalcata pure dalle donne comuni, prima negli Stati Uniti e poi in Europa (da noi in Italia con lentezza e non senza diffidenza!).
A proposito dell’America: in Arizona Jane Beall era una “comune” fotografa, da sempre a disagio con il suo aspetto fisico, che dopo aver acquistato 23 chili con la gravidanza, ha ben pensato di fotografare il suo corpo e postare gli scatti sulla pagina facebook del suo studio fotografico. Boom: popolarità immediata, bissata dagli scatti realizzati ad una sua amica.
Centinaia di mamme hanno iniziato a contattarla per complimentarsi con lei per aver avuto il coraggio di esaltare la bellezza naturale che caratterizza i mutamenti del corpo della donna durante la gravidanza e dopo il parto e per chiederle se fosse disponibile a scattare le stesse foto a loro: ecco nato il progetto “A Beautiful Body”.